Una sera del febbraio 2006, ci ritrovammo a casa di M.
Era con noi un altro collega del Codazzi, conosciuto come el hombre negro.
Dopo un po' ci raggiunse Piero Armenti con la sua ragazza venezuelana.
Non che fosse stato invitato, ma lui non ne aveva bisogno, abitava casualmente affianco all'appartamento di M In
quel periodo capitava che, quando ci si incontrava tra colleghi,
prendevamo a discutere sulle mosse da adottare contro quegli accattoni
della Giunta direttiva del Codazzi. Quella gente era un ammasso di
pezzenti come non ne ho mai conosciuti, malgrado il loro conto cifrato su banca svizzera (Credit Suisse, filiale di Lugano) i rapporti privilegiati con le istituzioni italiane e tutto ciò che ne conseguiva.
Per
chi non abbia idea di cosa sia un conto cifrato, quando arrivava il
bonifico dello stipendio, l'unica informazione disponibile era: accredito da conto estero, o qualcosa di simile, per dirla in breve: trasparenza zero...
Quando
venni in possesso di questa informazione, nell'ottobre del 2004, non
gli diedi il peso che meritava, non essendo uno spione e non avendo
motivi per lamentarmi di quelle persone che conoscevo appena, me ne
dimenticai presto. In seguito, quando cominciai a capire con che specie
di feccia avevo a che fare e grazie ai loro puerili tentativi di
sviarmi dalla prima versione, capii che questa notizia era molto
interessante.
Quando terminai di lavorare presso quei gentiluomini,
gli feci causa e infine tornai in Italia, ricordo che, quasi tutte le volte che gli telefonavo, l'avvocato
venezuelano mi chiedeva chi fossero questi signori che portavo in
tribunale: “Chi è questa gente?”.
L'avvocato cominciava a nutrire seri dubbi su quel tipo di gentaglia in completo grigio.
Ma in fin dei conti, chi erano questi personaggi?
Per lo più italiani, immigrati di seconda generazione; in stretti rapporti con le istituzioni italiane; molto devoti (di facciata), al
punto da pretendere la preghiera al mattino...
Qualche insegnante li
accontentava, magari per quieto vivere, ma con me, su questo punto,
avevano trovato proprio la persona giusta: “Non siamo in chiesa”, fu la mia risposta. Questione conclusa.
Tra
tanti modi che ci sono per avvicinarsi alle religioni, questo di sicuro
è quello errato. Ridurre la preghiera ad un'imposizione vuol dire
semplicemente esercitare un potere col pretesto della religione. Non si
tratta di indottrinamento, ma di vera e propria coercizione. Esercizio
di potere fine a se stesso, caratteristica che spiega le affinità della
Chiesa con la mafia, e viceversa.
Oltre ad essere dei pezzenti arricchiti,
quegli infami senzadio erano anche dei maledetti bugiardi. Tanto per
citarne una, quando si trovarono dinanzi al giudice per la mia causa,
ebbero la faccia da culo di dire che loro a me non mi conoscevano ( vedi ).
Sapevo di essere un signor Nessuno, ma non fino a questo punto: secondo la loro versione, ero addirittura l'uomo invisibile...
Quando
pubblicizzai la loro posizione presso alcuni genitori di miei
ex-alunni, notai la meraviglia più completa. Non si capacitavano che
degli adulti, responsabili, tra l'altro, di un'istituzione educativa (senza scopo di lucro ndr.), potessero mentire con tanta facilità e altrettanta stupida idiozia.
Ora, c'è chi colleziona tappeti e chi colleziona lattine di birra, quei dementi della giunta del collegio “Agustin Codazzi” di Caracas, invece, collezionano figure di merda: il mondo è bello perché è vario... Tutto ciò con la benedizione del MAE, Ministero Affari Esteri.
Ovviamente questo era solo l'antipasto delle performance di quei mentecatti.
Da lì la domanda mi tornava spontanea: quale cultura ?
Che fossero massoni, non ci piove, lo hanno controfirmato in diverse occasioni.
Ma,
la massoneria, come associazione laica, di stampo progressista, gli era
totalmente ignota: quell'aggregato di chiaviche, come ho potuto
osservare, era decisamente impostata sul bigotto andante: dunque pura conservazione di un potere sclerotico ed ammuffito... erano una massoneria all'italiana, come evoluzione borghese delle associazioni di tipo mafioso.
Per l'appunto: figli di zoccola anziché figli della vedova...
Bisogna inoltre aggiungere che costoro erano malamente guidati da Anna Grazia Greco, una fuorilegge a Caracas.
Tornando
alla nostra discussione, avremmo preferito dedicarci ad argomenti più
lievi, ma quella gentaglia ce la metteva tutta per complicarci
l'esistenza, per questo motivo iniziammo a ragionare, davanti a Piero
Armenti e alla sua tipa, che non capiva un'acca d'italiano. Normalmente
eravamo molto discreti nel trattare le problematiche relative al lavoro,
ma Piero Armenti era considerato una persona di fiducia.
Poco
dopo, però, Piero Armenti si eclissò. Si rintanò nel suo appartamento e
chiuse la porta a chiave. Quando la sua tipa provò a raggiungerlo, trovò
la porta chiusa: Piero non la fece entrare.
I due appartamenti erano ricavati da un'unica casa
cosicché Piero Armenti e M facevano vita in comune, o quasi, ma quel
giorno di febbraio, per qualche inspiegabile ragione, l'ideale della comune hippy si era infranto.
In
seguito, venni a sapere dalla sua ragazza che in quell'occasione Piero
Armenti si era molto arrabbiato a causa della discussione, a casa di M,
su quei dementi senzapatria del Codazzi.
Da
cosa scaturisse quell'arrabbiatura, non era dato saperlo, intanto, quel
puerile pretesto denotava un aspetto che doveva restare occulto, almeno
per me, per diverso tempo ancora. Nondimeno trovai quella scusa una
patetica balla: se aveva la necessità di rintanarsi, poteva farlo per
tanti motivi, non era necessario giustificarsi con simili banalità...
Forse
Piero Armenti, giovane apprendista folgorato sulla via
dell'ispirazione, aveva deciso di mettersi all'opera senza distrazioni, a
parte la nostra animata discussione che, volendo, poteva comodamente
seguire dal suo appartamento...
Già, l'appartamento... a risentire la storia di come M l'aveva trovato, ci sarebbe da ridere...
Quando M venne in Venezuela, un anno prima, sapeva di doverlo ad una sua amica che chiamerò C.
C. era stata a Caracas nel 2004 ed aveva lavorato, tramite stage, al Consolato Generale italiano di Caracas. Aveva conosciuto Piero Armenti, che lavorava al giornale, La Voce d'Italia, ma era di casa al consolato.
M
aveva fatto domanda al consolato italiano su indicazione di C. ed era
stata chiamata a lavorare alla scuola Codazzi poco tempo dopo. Detto
ciò, M non poteva prevedere che in una capitale come Caracas, andasse
ad abitare proprio a lato dell'unico contatto italiano che aveva.
In effetti aveva le stesse probabilità di chi, acquistando un biglietto del super-enalotto, vinca al primo tentativo: una possibilità su 3 milioni, o giù di lì.
Con
la differenza che M non aveva vinto niente, ma si trovò ad abitare
vicino a Piero Armenti, e non è certo che questo le abbia portato
fortuna.
Di fatto, in quei giorni, (marzo 2005), la meraviglia di M durò a lungo: non se ne capacitava in nessun modo. A scuola ripeteva: "com'è piccolo il mondo...", e cose simili, ma stentava a crederci lei stessa.
Appena
pochi giorni prima, invece, quando ancora cercava un'abitazione,
ricordo che si lamentava della poca serietà dei proprietari di casa:
quando trovava un appartamento, prima le dicevano che lei andava bene
come inquilina, poi, alla volta successiva, cambiavano idea senza un
motivo.
In tal modo, le probabilità di abitare vicino a Piero Armenti, l'apprendista, aumentavano in maniera esponenziale...