Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non
avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una
lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda
sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in
lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che
era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in
quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo
messo al corrente la. dott.ssa
Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era
una lingua facile da imparare...
Quando ebbi l'avvelenamento, il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente
delle mie condizioni di salute, non si preoccupò
di informare
nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché
da laggiù.
Caracas, dicembre 04 |
Il collega ritornò il 4 gennaio
mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla
fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della
Sanitas.
Quando la dottoressa
e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi
vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi
prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi.
Prescrizione Sanitas |
Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.
Il tassista non mi portò in una struttura Sanitas, bensì in
un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo. Per me andava bene lo stesso, una clinica vale l'altra.
Tornato l'indomani per ritirare' i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia portato di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare' i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia portato di proposito in un'altra clinica).
Risultati alla mano,
telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi
aveva visitato, dato che eravamo rimasti così.
La dottoressa mi chiese i livelli di alcune
voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi
chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che
stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi,
di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale
mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi
direttamente ad una struttura Sanitas.
Così feci, nonostante
il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed
io gli evitai la molestia di chiederglielo. Alla clinica "La Floresta" di Plaza Altamira
(quartiere Chacao), provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto
bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della
struttura, dove
si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le
mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi
comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a
quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o
perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da
una zanzara e a me le zanzare mi adorano.
Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega. Inutile dire che quando ho studiato i sintomi del dengue emorragico, ho riscontrato che non avevano alcuna attinenza con i sintomi da me riscontrati in quei giorni.
Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega. Inutile dire che quando ho studiato i sintomi del dengue emorragico, ho riscontrato che non avevano alcuna attinenza con i sintomi da me riscontrati in quei giorni.
Mentre allora presi
per buona quella interpretazione detta per sviarmi, nonostante nei giorni successivi, alcune
colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita.
Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e
preferii non indagare. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli
stare in pena.
Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero di telefono della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...
Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero di telefono della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...
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