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domenica 11 ottobre 2015

Anna Grazia Greco e l'armata brancaleone di escualidos imbranati del Codazzi (roba da pazzi!)

Cricca Codazzi: due escualidos che litigano per un posto al sole

Il secondo anno (2005/06) alla scuola Codazzi di Caracas, proseguì con lo stesso andazzo dell'anno precedente: nessun contratto, nessuna risposta. Con l'aggravante che l'unico contratto, proposto verso ottobre, era in valuta locale, e, per come era concepito, ci avrebbe portato via un terzo dello stipendio. Insomma, quei geni del Codazzi erano proprio una gran massa di teste di cazzo: non solo non ci avevano avvisato prima della novità della valuta locale, ma pretendevano anche di specularci sopra. Roba da mandarli al diavolo. 
Ma bisogna ricordare che erano ben consigliati da Anna Grazia Greco, una fuorilegge al ministero. 
La nostra obiezione alla firma di quel contratto-truffa, senza alcun preavviso, fece si che quei cani della Giunta Direttiva del Codazzi lo prendessero a pretesto per non pagarci affatto. Infatti durante il secondo anno non ricevemmo stipendio per ben 4 mesi!

Quando il livello di schifo misto a disillusione raggiunse il limite, organizzammo una serie di proteste che coinvolgevano anche l'utenza: i genitori degli alunni. Avevamo preparato uno scritto, che un dato giorno avremmo consegnato in classe.
La cosa fu intercettata dalla presidenza, qualcuno aveva fatto una soffiata e i volantini furono sequestrati; chi non li aveva consegnati, fu scoraggiato a farlo. 
Io, per esempio non avevo avuto neanche lo sfizio di consegnarne uno. Tanto lavoro per nulla. Ovviamente la preside, Lucia Veronesi, era in prima linea, completamente contraria alla nostra azione, ma non è che potesse agire diversamente. Non la si poteva paragonare alla Greco o a quelli della Giunta, c'era un abisso fra lei e loro: Lucia Veronesi era fatta di tutt'altra pasta...


Lucia Veronesi, stencil art (Oaxaca - Mexico)

martedì 8 luglio 2014

Erich Fromm, l'autorità anonima - Il potere nel XX secolo | La cricca Codazzi e il regime

[...]  Sia che una madre dica alla figlia: "So che non ti piacerà uscire con quel ragazzo"; o che una reclame suggerisca: "Fumate questa marca di sigarette: vi piacerà la loro freschezza": è sempre una stessa atmosfera di sottile suggestione che in realtà pervade tutta la nostra vita sociale. L'autorità anonima è più efficace dell'autorità palese perché non si sospetta mai che ci sia un ordine che si è tenuti ad osservare"
(Erich Fromm, 1963)

[...]  L'autorità alla metà del ventesimo secolo ha mutato il suo carattere; essa non si presenta più come autorità manifesta, bensì come un'autorità anonima, invisibile, alienata. Non c'è nessuno che ordini, né una persona, né un'idea, né una legge morale. Però tutti ci conformiamo come e più di quanto non si farebbe in una società fortemente autoritaria. Infatti, non c'è nessuna autorità, al di fuori di "oggetti". Quali sono questi "oggetti"? Il guadagno, le necessità economiche, il mercato, il senso comune, l'opinione pubblica, quel che "si" fa, "si" pensa, "si" sente. Le leggi dell'autorità anonima sono invisibili quanto le leggi del mercato, e altrettanto incontestabili. Chi può attaccare l'invisibile? Chi può ribellarsi contro Nessuno?"
(Erich Fromm, 1964)
"Eh?", pennarelli su carta - Gianluca Salvati 2013

mercoledì 2 luglio 2014

La segretaria di Anna Grazia Greco: Enza Mejias, napoletana, amica di Minerva Valletta | Scene da un matrimonio da El Vighia

Nell'ottobre 2005 fui invitato al matrimonio di un conoscente italiano. La cerimonia si teneva nella regione di El Vighia, Venezuela nordoccidentale, al confine con la Colombia.



Avevo acquistato da pochi mesi la fotocamera digitale e scattai foto al lieto evento.



Quando ho rivisto quelle immagini, mi ha colpito la costante di espressioni guardinghe e immusonite che a suo tempo non avevo notato.




Aspetto degno di nota è che io, fino all'ultimo momento, ero incerto se andare o meno a quel matrimonio: si trattava di fare un lungo viaggio e in quel periodo non mi andava di muovermi.
Fu Enza Mejias, l'anfitriona del Codazzi, a convincermi ad andare: "...è un tuo amico!", mi disse. Non era vero, era un collega e non un amico. 
A proposito di amici, Enza Mejias era una grande amica di Minerva Valletta.


Minerva Valletta, moglie del signor Bagordo, autista dell'Ambasciata d'Italia a Caracas

Da buona anfitriona, nonché segretaria  per l'associazione di delinquenti patentati "Agustin Codazzi", Enza organizzò lì per lì una colletta per l'ex collega che si sposava, con tanto di teatrino: non c'era dubbio, era un talento nel suo genere. "Portaglieli con i nostri auguri", mi disse più o meno, consegnandomi i soldi alla fine della recita.
Cosicché, con la benedizione di Enza Mejias, la segretaria napoletana della scuola "Agustin Codazzi" di Caracas,  onorata associazione culturale senza scopo di lucro, epperò, con conto cifrato su banca svizzera, Credite Suisse, filiale di Lugano, andai a El Vigia...


Enza Mejias, segretaria anfitriona - Escuela Agustin Codazzi Caracas

Attenzione, le foto che ho scattato ad Enza gliele ho fatte a sorpresa. Notate l'espressione vaga, di chi non sa bene che parte recitare, della prima immagine e confrontatela con la posa che assume nella seconda quando ha ricevuto la telefonata di qualcuno che lì faceva la parte del grande fratello (alla Orwell), ovvero Guido Brigli e company  (installati in un ufficio da cui potevano visionare sia la segreteria che la mia aula senza essere visti, infatti le pareti di quegli ambienti erano vetrate coperte da pesanti tende...).
Dicevo della posa di Enza, l'antropologo affermerebbe che sta marcando il territorio. Di certo si sta prendendo anche una strigliata perché non ha avuto prontezza di spirito per evitare quegli scatti.

Ora osservate le foto in basso, quelle del matrimonio di El Vigia: notate niente?

 





mercoledì 25 giugno 2014

Caracas, dicembre 2004 | La cricca Codazzi e l'avvelenamento | La famiglia di Franco Chirico

Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo messo al corrente la. dott.ssa Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era una lingua facile da imparare... 
Quando ebbi l'avvelenamento, il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente delle mie condizioni di salute, non si preoccupò di informare nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché da laggiù.


Caracas, dicembre 04

Il collega ritornò il 4 gennaio mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della Sanitas.

Quando la dottoressa e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi. 


Prescrizione Sanitas

Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.  
Il tassista non mi portò in una struttura Sanitas, bensì in un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo. Per me andava bene lo stesso, una clinica vale l'altra.
Tornato l'indomani per ritirare' i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta. 
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano. 
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia portato di proposito in un'altra clinica).

Risultati alla mano, telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi aveva visitato, dato che eravamo rimasti così. La dottoressa mi chiese i livelli di alcune voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi, di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi direttamente ad una struttura Sanitas.

Così feci, nonostante il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed io gli evitai la molestia di chiederglielo. Alla clinica "La Floresta" di Plaza Altamira (quartiere Chacao), provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.

Quando ritornò, mi comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da una zanzara e a me le zanzare mi adorano. 
Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega. Inutile dire che quando ho studiato i sintomi del dengue emorragico, ho riscontrato che non avevano alcuna attinenza con i sintomi da me riscontrati in quei giorni.

Mentre allora presi per buona quella interpretazione detta per sviarmi, nonostante nei giorni successivi, alcune colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita. Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non indagare. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.

Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero di telefono della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero... 

mercoledì 11 giugno 2014

Quel paio di cose che so sul caso Sindoni

Dopo un'attenta disamina degli articoli di Enrico De Simone inerenti l'assassinio di Filippo Sindoni e il truculento articolo del Giornale, organo ufficiale del fascismo berlusconiano, vorrei agiungere un paio di cose che so sul caso Sindoni.


La prima volta che ho sentito parlare di Filippo Sindoni è stato a Caracas, alla scuola A. Codazzi, quasi un anno prima della sua morte. L'occasione era dovuta ad un fatto concreto che riguardava quella scuola italiana di Caracas. Era stato appena iscritto il nipote di Filippo Sindoni, dato che suo padre si era trasferito a Caracas.

Il primo aspetto degno di nota era che il suo arrivo era salutato da un'evidente stato di fibrillazione da parte delle colleghe. In particolare da colei che sarebbe stata la sua insegnante privata per i primi tempi. Quella stessa collega con cui avevo appuntamento per un caffè ad un bar di Chacao il 27 agosto 2008, caffè che non prometteva nulla di buono (post: Consolato Generale di Caracas). 
La collega di cui parlo era la "protetta" di alcune mogli della Giunta Codazzi, ma forse è più corretto dire "la cavia", dato che la manipolavano alla grande. Non che lei  fosse malvagia, solo si trovava in un contesto, a dir poco, malsano...

Tornando al caso Sindoni, le parole ricorrenti che giungevano quando si parlava di lui, erano "quello della pasta" e "mafioso"
Io non sapevo niente e ben poco avevo capito di quell'ambientino, ma ricordo bene l'eccitazione di quei giorni che andavano verso l'estate.

Tre anni dopo, nell'agosto 2008, lo stesso Antonio Nazzaro mi ribadì che Sindoni era un mafioso, e per questo motivo lui, persona integerrima e con un progetto di vita, non era andato al suo funerale. Se però si parlava di quelle merde del Codazzi, e guarda caso uno dei suoi ultimi pseudo-spettacoli vedeva la partecipazione anche della figlia di Guido Brigli, quella parodia di essere umano, Antonio Nazzaro alzava le mani dicendo che la mafia "c'è dappertutto...".  
Insomma ne veniva fuori un nuovo apprendimento o una nuova verità. Il verbo.


El chaman, disegno su carta - Gianluca Salvati 2005 Caracas
 

Così, anche lo scrittore fallito, Antonio Nazzaro, avallava l'ipotesi del mafioso (ma avrei dovuto meravigliarmi del contrario).

Quando, tempo dopo ho confrontato le divergenti opinioni raccolte a Caracas, mi sono reso conto che ne  veniva fuori una verità ben diversa da quella sorta di spot diffamatori divulgati al Codazzi. Il vero problema di Filippo Sindoni era essere stimato dal presidente del Venezuela, Hugo Chavez.

Al Codazzi, manipolo di escualidos fascisti questa cosa non poteva passare. E il primo modo che certa gente ha di contrastare qualcuno è denigrarlo.

Quello che non mi è mai stato chiaro è perché suo nipote fosse approdato proprio nella tana di quei porci fascisti del Codazzi, quando c'era la scuola Bolivar y Garibaldi che in quel periodo funzionava piuttosto bene. Tanto bene che Anna Grazia Greco ci aveva installato la sua piccola corte dei miracoli: Enrico De Simone, giornalista di destra alla Voce d'Italia (giornale fascista con velleità sinistroidi), Daniela Correri, ex compagna di un agente della scorta personale del noto piduista al governo già primatista mondiale di figure di merda, Silvio Berlusconi, l'amerikano. Infine c'era il buon Antonio Nazzaro, buono per tutte le stagioni. Buono a nulla. Fu proprio grazie all'autodenuncia di quest'ultimo che la Greco (Anna Grazia, una fuorilegge in missione), trovò il pretesto per interrompere il finanziamento ministeriale alla scuola Bolivar y Garibaldi.

Antonio Nazzaro, è risaputo, oltre ad essere uno scrittore precario e fallito, è anche uno che ha un progetto nella vita. Il suo principale problema, povero diavolo, è di essere ostaggio, poco più di una pedina, di quella gentaglia della cricca Codazzi, che non ho ancora capito se legati alla 'ndrangheta o a quant'altro, o più semplicemente, quattro massoni di merda...

sabato 18 gennaio 2014

Los escualidos della scuola Agustin Codazzi | Lucia Veronesi al Codazzi

Los escualidos, opposizione imperialista al governo Chavéz, dispongono di grandi risorse economiche e sono presenti su diversi media del Paese, dalla Tv alla radio, da internet ai quotidiani. Il colonialismo culturale, infatti, rappresenta una fetta importante della politica estera americana. I format televisivi e gli articoli sono ovunque gli stessi. 
Va da sé che quest'operazione non ha niente di culturale, ma rappresenta in sommo grado il suo opposto, ovvero la pianificazione dell'istupidimento generalizzato che si può semplificare in due punti. 
  • Distogliere le persone dalle cose essenziali per renderle manipolabili. 
  • Gettare discredito e diffidenza verso la cultura intesa come studio e conoscenza. 

El caballero escualido - Marino Marini
Il meccanismo in sé è antico e già sperimentato in passato da altri poteri, si pensi alla Chiesa. 
Los escualidos infatti hanno tante disponibilità ma poca fantasia: sono ripetitivi fino alla noia. Ora, tra quella gentaglia per cui ho lavorato a Caracas, i rappresentanti della Giunta Direttiva del Codazzi, c'era un'alta concentrazione di escualidos. Squallidi e mariuoli. 
Per quanto molti di essi ostentassero ammirazione per Hugo Chavéz, erano di fatto legati mani e piedi all'opposizione imperialista. Qualcuno vantava anche una rete televisiva facente capo al network de los escualidos
Un vero e proprio branco di chiaviche!
Questo spiega come mai, nonostante la continua ostentazione di beni materiali: auto, abiti, e l'apparente internazionalismo, quella gentaglia vivesse praticamente reclusa dentro ville-bunker, inaccessibili luoghi di lavoro ed esclusivi club tematici... In sostanza, le loro infami vite all'apparenza così brillanti, si svolgevano tra una cerchia molto striminzita di persone a loro simili: la minoranza infame.
In realtà, queste osservazioni sugli affiliati dell'ACE "Agustin Codazzi" di Caracas sono la calzante metafora di tutti los escualidos del mondo: polli di batteria che si credono albatros.

Lucia Veronesi e los escualidos del colegio Agustin Codazzi - Caracas

venerdì 17 gennaio 2014

Guido Brigli e Rai international | Lucia Veronesi e la cricca del Codazzi - rete Globovision

Caracas, ottobre 2004 - Durante il primo mese di lavoro al Codazzi, si presentò in classe un tipo con la telecamera professionale nel bel mezzo di una lezione. Costui era un cameramen della televisione italiana, la vecchia e mai troppo rimpianta Radio Televisione Italiana, Rai. Mi chiese se poteva fare riprese ed io non gli risposi favorevolmente... oddio, proprio non ricordo cosa gli avessi risposto, ma il cameramen non si sentì il benvenuto nella mia classe, infatti non lo era. Allora si affacciò dall'uscio della classe un tipo dal volto oblungo, ben vestito e pettinato, che si presentò come il capo della Giunta Direttiva del Codazzi, Guido Brigli. 

Rai international Colegio "Agustin Codazzi" - Caracas


Mi disse che il tipo che si autoinvitava era il cameramen della Rai, rai international, per la precisione. Mi chiese se poteva entrare a fare delle riprese in classe. Non ero ancora molto convinto, ma come potevo rifiutarmi a quello che si presentava come il capo della baracca? Dunque acconsentii, senza sentirmi in dovere di fare gli onori di casa. Quindi ignorai l'addetto che scrutava e registrava col suo apparecchio. Gli alunni fecero altrettanto e continuarono a lavorare come se nulla fosse accaduto.
A ripensarci, avrei potuto obiettare che non potevano presentarsi di punto in bianco e che avrebbero dovuto almeno avvisarmi prima. Giusto per stopparli, perché come avrei imparato in seguito, quella gente proprio non aveva idea di cosa fosse il rispetto altrui...
 
Ad ogni modo, cosa cercava di dimostrare quell'emerita testa di cazzo di Guido Brigli? 
Che loro, quelli della cricca Codazzi, oltre ad essere ben vestiti e pettinati, disponevano anche di un certo potere? Stava forse cercando d'impressionarmi, quel burattino incravattato?

Tempo dopo ho scoperto che alcuni elementi della Giunta del Codazzi, meglio conosciuti come escualidos, erano i proprietari della rete televisiva Globovision, tristemente rinomata per aver istigato, nel 2002, i cittadini venezuelani alla sovversione. Da ricerche fatte per risalire al nome del capo di quella televisione, non risulta il nome italiano che conoscevo, per cui credo che il padrone ufficiale sia un volgarissimo prestanome. Il vero proprietario, un'altra faccia di cazzo della cricca Codazzi abita proprio a due passi da Globovision, due centinaia di metri più su della scuola "Agustin Codazzi".

sabato 11 gennaio 2014

Lucia Veronesi e quei porci fascisti del Codazzi | Minerva Valletta e la señora Baffone: Il problema Agustin Codazzi

Quando Lucia Veronesi ci fece ritirare i volantini in cui, almeno, si spiegavano le ragioni di  proteste e probabili scioperi da parte di noi insegnanti, mi salì un'incazzatura unica. Non mi andava di fargliela passare liscia a quei figli di una jettata della cricca Codazzi. Cosicché, su due piedi, inventai una contromossa. Feci scrivere un problema per casa in cui si descrivevano, per sommi capi, i motivi di conflitto con quei delinquenti in doppiopetto. In sintesi, dei professori erano stati chiamati da alcuni imbroglioni in Venezuela. E dopo, gli imbroglioni, per non smentirsi, non volevano pagare i professori.
Era appena una piccola parte della verità, neanche la cima dell'iceberg, ma era l'inizio di qualcosa.
Da quel momento in poi, tra me e loro ci sarebbe stata la guerra: da allora, quegli infami un problema ce l'avrebbero avuto per davvero... 
Il problema ero io.

Quella sera ci fu l'ennesima riunione perditempo con quei mangia pane a tradimento, quegli escualidos tout court dell'associazione delinquenziale senza scopo di lucro “Agustin Codazzi” (con conto cifrato su banca svizzera, la Credìt Suisse – filiale di Lugano). 


ACE "Escuela Agustin Codazzi", Caracas

Prima che entrassimo, alcuni elementi della Giunta erano chiusi in una sala a discutere. Dire che discutevano è un eufemismo: in realtà, a giudicare dal trambusto di voci, pareva che si stessero scannando. Non li avevo mai sentiti gridare, avevano dei modi molto cardinalizi: sempre abbottonati e felpati, difficilmente gli sfuggiva una parolina in più; quella sera, invece, erano molto alterati e stavano gridando. Quando ne uscì Guido Brigli mi fece addirittura pena tanto era conciato: sembrava che l'avessero appena picchiato. 
Colpiti e affondati, dunque: il problema era andato a segno...  Ed era appena l'antipasto.
Il “problema” ebbe il merito di far venire fuori i diversi attori di quella patetica farsa. Le gemelline dell'intrigo, Minerva Valletta e la señora Baffone, il giorno successivo provarono inutilmente ad attaccarmi, dimostrando come fossero legate mani e piedi a quei filibustieri cerebrolesi della Giunta Direttiva del Codazzi.

Fu una vera sorpresa riscontrare quanto le due cognatine, la signora Baffone e Minerva Valletta, si identificassero con la Giunta Direttiva del Codazzi. Altrettanto curiosa è la posizione assunta da Minerva Valletta appena 2 anni dopo, a 4 giorni dal mio rientro in Italia dal Venezuela...


Minerva Valletta, moglie dell'autista dell'Ambasciata italiana signor Bagordo

Il giorno seguente, la preside, Lucia Veronesi, mi convocò per chiedermi spiegazioni in merito a quel "problema" assegnato in classe: “Cosa c'è che non va? - le dissi – Non ho fatto il nome di nessuno (di quei cornuti figli di puttana), ma se non fosse completamente persuasa, farò aggiungere la formuletta: ogni riferimento a fatti reali e a persone esistenti è puramente casuale”. Caso chiuso.