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sabato 10 ottobre 2015

Droga e burundanga | Lonely Planet: una guida riveduta e corretta | Enrico De Simone e la fidanzata di Carlo Fermi

Droga
La presenza di cocaina colombiana in Venezuela è in aumento. Non solo, il paese è uno dei punti di transito della droga diretta in Europa e negli Stati Uniti. Il numero degli abitanti locali coinvolti nel traffico di stupefacenti è in crescita, così come la corruzione e gli altri crimini connessi a questi affari illeciti. Fortunatamente, non è ancora giunta notizia di turisti ai quali sia stata messa addosso della droga per estorcere loro denaro.
[...] Recentemente si sono verificati casi isolati di turisti drogati con la burundanga, una sostanza stupefacente diffusa e prodotta in Colombia. La burundanga è utilizzata dai ladri per privare le loro vittime di qualsiasi capacità di reazione e ripulirle senza incontrare alcuna resistenza. Essendo inodore e insapore, può essere aggiunta praticamente a ogni sostanza (dolci, sigarette, gomma da masticare, alcolici, birra) e pertanto è estremamente facile da somministrare. In caso di situazioni sospette, pensateci due volte prima di accettare una sigaretta da un estraneo o una bibita da una persona appena conosciuta.
tratto da Lonely Planet Venezuela (ed. italiana - settembre 2001)

Burundanga
Il burundanga è un'altra sostanza che è bene conoscere. Si tratta di una droga ottenuta da un albero molto diffuso in Colombia e usata dai ladri per inibire la capacità di reazione delle proprie vittime. Non avendo un odore o un sapore particolari, può essere aggiunta a caramelle, sigarette, chewing gum, liquori, birra - praticamente a tutti i cibi e le bevande.
L'effetto principale di una dose è quello di azzerare la volontà pur lasciando il soggetto del tutto cosciente. A quel punto il ladro può farsi consegnare qualsiasi oggetto di valore dalla vittima, che obbedirà senza opporre resistenza. Sono agli atti numerosi casi di stupro avvenuti dopo la somministrazione del burundanga. Altri effetti sono perdita di memoria e sonnolenza, che possono durare da alcune ore a qualche giorno. Un'overdose può risultare letale.
Il burundanga non viene usato soltanto a danno dei turisti stranieri: ne sono vittime anche molti colombiani, ai quali in questo modo viene sottratta l'automobile o svaligiata la casa.
Pensateci due volte prima di accettare una sigaretta da un estraneo o una birra da un nuovo 'amico'.
tratto da Lonely Planet Colombia (ed. italiana - marzo 2003)


Minerva Valletta, factotum dell'ass. Agustin Codazzi

Una conoscente mi aveva parlato della burundanga nel 2006 (a Caracas), durante un'uscita con Enrico De Simone.  La tipa in questione era una psicologa ed era anche la fidanzata di un conoscente, Carlo Fermi, un milanese che lavorava a contratto presso l'ambasciata italiana a Caracas. Secondo la fidanzata colombiana di Carlo Fermi, l'utilizzo di questa sostanza era in aumento esponenziale: come terapeuta, si trovava ad affrontare diversi casi di persone che ne erano state vittime, specialmente in merito agli stupri. 
Mi disse, tra l'altro, che la burundanga non lascia tracce e spesso veniva utilizzata soffiandola verso la vittima.
Di questo utilizzo della burundanga, somministrata per inalazione, ho avuto conferma nel 2008, quando sono ritornato a Caracas. I luoghi in cui questa sostanza viene utilizzata più spesso, sono soprattutto i centri telefonici con cabine.
Gianluca Salvati

p.s.  neanche un accenno a questa sostanza nell'attuale edizione italiana della guida Lonely Planet Venezuela; si parla degli inconvenienti molto generici e comuni alle grandi città: il traffico, lo smog, questi si che sono pericoli da evitare!! 

Nascita di un'onorata associazione a delinquere | La scuola Agustin Codazzi e i rappresentanti del CGIE

CARACAS.- Nella scuola Agustín Codazzi 66 membri dei 70 convocati hanno votato per eleggere i rappresentanti del futuro CGIE. Le associazioni, scelte dall’Ambasciata su segnalazione dei Comites e in particolare dei loro Presidenti, seguendo un criterio di discrezionalitá territoriale e di rappresentativitá, erano: per la circoscrizione di Caracas: Centro Italiano Venezolano di Caracas, Casa d’Italia di Maracay, Centro Italo di Valencia, Casa d’Italia di Barquisimeto, Casa di Riposo Cristoforo Colombo, Missione Cattolica italiana, Scuola Codazzi, Camera di Commercio, FAIV, Comitas, Associazione Piemontese, Fogolar Furlan, FIEGIV, Centro Italo Venezolano di Porlamar.


40, elaborazione digitale da un disegno del luglio 2008

Per la zona occidentale Casa d’Italia di Maracaibo, Coasit, Villa Serena, Missione Cattolica e scuola Rosmini, CIV di San Cristobal. Per la zona orientale: Centro Italo Venezolano di Puerto Ordaz, scuola Angelo De Marta, Associazione Siciliani di Maturín.

I tre membri scelti per rappresentarci nel CGIE sono Nello Collevecchio che ha ottenuto 29 voti, Ugo Di Martino con 28 voti e Michele Coletta con 25 voti.

Ci rallegra profondamente notare che anche nella nostra collettivitá qualcosa incomincia a cambiare, che, nonostante i brogli palesi e non, le false promesse e le velate minacce, hanno avuto la meglio persone che, almeno fino ad oggi, hanno dimostrato onestá di lavoro e vero interesse verso la collettivitá.

Ci duole, purtroppo, che il pessimo lavoro svolto in passato dai “professionisti” dell’emigrazione abbia penalizzato anche chi, come Fedora Di Marco, ha lavorato bene e con onestá. Il tempo, comunque, aiuterá a scindere il grano dall’oglio e a dare, per un verso, il giusto merito a chi ne ha diritto e per l’altro ad allontanare sempre piú dalle nostre istituzioni rappresentative persone che non meritano di rappresentare una collettivitá come la nostra. La svolta avvenuta nel CGIE ci fa ben sperare in un futuro diverso. É importante peró ricordare che il lavoro é un lavoro collettivo, che é importante la partecipazione, la critica, l’apporto di tutti noi, perché “ogni popolo ha il governo che si merita” e questo vale anche per noi.
29/06/2004 Marisa Bafile - La Voce d'Italia

40, grafite su carta - Gianluca Salvati 2008

martedì 27 gennaio 2015

Lucia Veronesi ed Enrico de Simone: il colloquio di lavoro

Enrico De Simone è rientrato in Italia nell'autunno del 2008, lasciando vacante una cattedra di matematica presso la scuola Bolivar y Garibaldi di Caracas.
Nella stessa scuola lavoravano anche Daniela Corrieri e Antonio Nazzaro, ovvero la piccola corte de' miracoli di Anna Grazia Greco.
Daniela, ex compagna di un poliziotto della scorta personale di Berlusconi, lasciava Caracas nello stesso periodo di Enrico De Simone. Inoltre, i due ex colleghi della Bolivar y Garibaldi, vivono entrambi a Roma.
Quella doppia partenza non pianificata indicava una certa ansia di lasciare il paese, dato che la scuola era appena cominciata: i due insegnanti abbandonavano un posto di tutto rispetto e ben retribuito (il pagamento avveniva in euro, a differenza del Codazzi che da 2 anni pagava in valuta locale). Ma bisogna aggiungere che la situazione stava evolvendo anche per la Bolivar y Garibaldi.
Di lì a poco l'insegnante Antonio Nazzaro, uomo tutto d'un pezzo, non avendo i titoli per insegnare, presenterà autodenuncia presso il Consolato Generale di Caracas.
Quando certa gente si muove le cose diventano subito contorte. Mi spiego meglio:
  • Se Antonio Nazzaro non aveva i titoli perché aveva accettato l'incarico?
  • Come faceva la Greco ad essere all'oscuro? Enrico De Simone e Daniela Corrieri hanno cominciato a lavorare alla Bolivar y Garibaldi dietro sua indicazione, difficile immaginare che per il Nazzaro le cose siano andate diversamente
Ad ogni modo è stato il pretesto che serviva alla Greco per togliere il contributo ministeriale alla scuola Bolivar y Garibaldi.
Trovo interessante questa trasformazione moralista della Greco: appena nel 2005 aveva imposto il suo "fidanzato" alla Codazzi, con un contratto stratosferico, mentre noi insegnanti provenienti dall'Italia ne eravamo privi. 
Cose dell'altro mondo, anzi no, cose di una certa Italietta...

Ora ricordo come andarono i fatti: il 5 settembre 2005, primo giorno di scuola per gli insegnanti, alla riunione degli insegnanti della scuola italiana la Greco mi chiese di partecipare ai corsi di informatica del suo amichetto.  
Le risposi picche, non ero interessato. La Greco allora perse le staffe e cominciò a dare i numeri. Tra le cazzate che disse, una riguardava la Pubblica Amministrazione, di cui ella è senz'altro una rappresentante coi fiocchi. Mi redarguì dicendo che se avevo lavorato per la PA, dovevo essere a conoscenza del fatto che i corsi di aggiornamento sono obbligatori...
Continuai a rispondergli picche, se non altro perché del'argomento ho una certa infarinatura. La Greco continuò a fare l'isterica. ma quando capì che stava facendo la sua figura, si rivolse alla coordinatrice, la quale mi disse che non avevo capito... e dalle minacce velate si passò alla richieste, sotto impulso della Greco la coordinatrice mi chiese alcune scartoffie, ovvero del lavoro in più da sbrigare: la burocrazia come arma intimidatoria
(Certo bisogna anche capirla alla Greco: non poteva dissotterrare la lupara per rimediare a un simile affronto...)
Comunque non le detti soddisfazione e ai corsi del suo amichetto, non ci andai neanche stavolta.

Sia come sia, la giunta Codazzi rifiutò "il fidanzato" della Greco come insegnante di informatica. 
Il motivo è semplice, aveva lasciato che alcuni ragazzini di 4° elementare visionassero siti porno, come ho già scritto nei miei blog. Non so quanto abbia influito la discussione avuta con me, dato che ai primi di settembre la Greco era ancora convinta di riproporre lo stesso pacchetto di corsi al Codazzi... (A questo punto comincio a rivalutare i rappresentanti della giunta Codazzi...)
La Greco, per ripicca, chiese a Claudio Milazzo della Bolivar y Garibaldi di accettare "il suo fidanzato" come insegnante per gli stessi corsi che teneva alla Codazzi. 
In cambio, la Greco (Anna Grazia, una fuorilegge per passione ndr) fece piovere dei soldi dal ministero, ovvero denaro pubblico in cambio dell'assunzione al suo tipo. Non fa una grinza.

Tornando a Enrico De Simone, prima di approdare alla Bolivar y Garibaldi, si era candidato a insegnare alla scuola Agustin Codazzi.
Nel marzo del 2006, infatti, el Hombre Negro era rientrato in Italia. C'era una cattedra di matematica in attesa di un/una prof.
Enrico, che lamentava uno stipendio da fame come giornalista presso La Voce d'Italia, prese la palla al balzo e andò a fare il colloquio con la preside, Lucia Veronesi.
Forse lo vidi quel giorno stesso, si era con M e il De Simone era tutto impettito e speranzoso per come si era svolta l'intevista, a vederlo già si fregava le mani: sembrava molto convinto di sé.
Ebbene, non solo la preside non accettò Enrico De Simone come insegnante, ma aggiunse, a onore delle cronache, che l'aspirante prof "non gli era piaciuto"...
Tanto per ricordare chi era la dolce Lucia Veronesi e quanto fosse preziosa la sua stima.
Quel giudizio sulla persona era molto di più di una semplice opinione personale, come era parso a me in quei giorni.
Di fatto la trovai un po' severa come osservazione, ma, col senno di poi, ho capito invece quanto fosse corretto il suo giudizio su Enrico De Simone, e perchè si fosse premurata di farlo circolare fra gli insegnanti. Se avessi dato ascolto a quelle parole, pronunciate da una persona di tutto rispetto, di certo mi sarei scansato l'agguato fascista di Plaza Chacaito.
Come ho detto, a suo tempo non gli detti molto peso: mi ci vorrano due lunghi anni per realizzare la sostanziale verità di quell'affermazione.
E questa consapevolezza mi è giunta a fine agosto del 2008 proprio lì, a Caracas. 

El pajaro, ovvero la mission impossible dell'agente mezzasega

lunedì 27 ottobre 2014

La nipote di Franco Chirico e la cricca catto-fascista del Codazzi | Una Caracas da bere: Ruben Zambrano e il Club de la Guardia

Quando ripresi a lavorare nel gennaio 2005, ripresi anche le uscite serali in quel di Caracas. Una Caracas da bere.
Il collega di uscite, Giuseppe Rinaldi, era ritornato dall'Italia più baldanzoso che mai. Baldanzoso è il termine adatto per uno sovrappeso che ami danzare la salsa e gli altri balli latinoamericani... Il bello è che se la cavava piuttosto bene.
Io ero debole e necessitavo ancora di riposo, ma avevo anche bisogno di vedere un po' di vita, dato che ero fresco reduce dal mondo dei morti, o degli spiriti, se preferite. Fortunatamente avevo ricominciato la scuola di mercoledì, per cui il fine settimana arrivò prima. Giuseppe mi disse che era in contatto con Ruben Zambrano, l'insegnante di educazione motoria del Codazzi. Quel venerdì, infatti, si festeggiava il Dia del maestro e a scuola ci fu il solito brindisi (non essendo riusciti a farmi fare fuori, mi festeggiavano, quegli infami...).  

Al brindisi Giuseppe Rinaldi e il prof di educazione fisica parlarono per del tempo. 
Quando ci vedemmo inserata, al solito bar di plaza Chacaito, Giuseppe mi disse che Ruben gli aveva scritto un messaggio. Il prof era in serie difficoltà: lo assediavano varie femmine e richiedeva il nostro intervento. Più che un messaggio pareva un Sos...
Come potevamo rifiutare?
Terminammo le nostre birre e ci mettemmo in viaggio. Destinazione: Club de la Guardia.
Raggiungemmo il nostro collega ancora incolume che ci presentò una intera comitiva di gente. Almeno tre figliole erano di mio gradimento.
Il Club de la Guardia era una sorta di dopolavoro dell'esercito venezuelano. Era distribuito su un'area abbastanza grande e si entrava solo per conoscenza. Non mi dispiaceva perché era per lo più all'aperto, semplice e popolare. La musica non era chiassosa, e pazienza se c'era solo musica locale. Era un luogo ideale per chi sapeva ballare i ritmi caraibici.
Il gruppo di Ruben era situato in una zona che terminava con un cortile. Sul muro di quel cortile era dipinto a lettere cubitali la scritta "Barinas linda!". Omaggio al paese che ha dato i natali al presidente Chavez. Alcune amiche di Ruben mi fecero un corso accellerato di salsa venezuelana. Molto istruttivo, anche se sono stato un pessimo allievo.
Ad un certo punto della serata, me ne andai a fare un giro per il club. C'erano zone poco illuminate con cespugli e aiuole ed altri spazi coperti dove la gente ballava. Nel complesso dava l'idea di un luogo molto frequentato ma tranquillo. 
Durante il mio giro di ricognizione vidi, per la prima volta, la nipote di Franco Chirico. La vidi senza conoscerla e senza essere visto in quanto parlava animatamente con una ragazza della comitiva. Una di quelle che mi piacevano, per intenderci. Forse fu proprio per cercarla che vidi la nipote di Franco Chirico, massimo editore del Cammino Neocatecumenale e amico personale di Kiko Arguello, nonché capo-setta della comunità frequentata dai miei genitori. 

Franco Chirico e la cricca catto-fascista del Codazzi

Parlava la sciacquetta, in una zona poco illuminata, ma più precisamente impartiva istruzioni. Aveva 25 anni circa, gli occhiali e i capelli castani non molto lunghi, legati dietro con una piccola coda. Aveva lo stesso piglio della Greco (Anna Grazia, una fuorilegge a Caracas), ovvero lo stesso modo del cazzo di blaterare senza ascoltare. Odiosa solo a vedersi.
Quello del Club della Guardia è stato il primo di 3 incontri certi, che ho avuto con quella troia della nipote di Franco Chirico. ma non escludo di averla avuta tra i piedi in diverse altre occasioni, dal momento che aveva frequentato il Codazzi e abitava a due passi da casa mia...

martedì 8 luglio 2014

Erich Fromm, l'autorità anonima - Il potere nel XX secolo | La cricca Codazzi e il regime

[...]  Sia che una madre dica alla figlia: "So che non ti piacerà uscire con quel ragazzo"; o che una reclame suggerisca: "Fumate questa marca di sigarette: vi piacerà la loro freschezza": è sempre una stessa atmosfera di sottile suggestione che in realtà pervade tutta la nostra vita sociale. L'autorità anonima è più efficace dell'autorità palese perché non si sospetta mai che ci sia un ordine che si è tenuti ad osservare"
(Erich Fromm, 1963)

[...]  L'autorità alla metà del ventesimo secolo ha mutato il suo carattere; essa non si presenta più come autorità manifesta, bensì come un'autorità anonima, invisibile, alienata. Non c'è nessuno che ordini, né una persona, né un'idea, né una legge morale. Però tutti ci conformiamo come e più di quanto non si farebbe in una società fortemente autoritaria. Infatti, non c'è nessuna autorità, al di fuori di "oggetti". Quali sono questi "oggetti"? Il guadagno, le necessità economiche, il mercato, il senso comune, l'opinione pubblica, quel che "si" fa, "si" pensa, "si" sente. Le leggi dell'autorità anonima sono invisibili quanto le leggi del mercato, e altrettanto incontestabili. Chi può attaccare l'invisibile? Chi può ribellarsi contro Nessuno?"
(Erich Fromm, 1964)
"Eh?", pennarelli su carta - Gianluca Salvati 2013

mercoledì 2 luglio 2014

La segretaria di Anna Grazia Greco: Enza Mejias, napoletana, amica di Minerva Valletta | Scene da un matrimonio da El Vighia

Nell'ottobre 2005 fui invitato al matrimonio di un conoscente italiano. La cerimonia si teneva nella regione di El Vighia, Venezuela nordoccidentale, al confine con la Colombia.



Avevo acquistato da pochi mesi la fotocamera digitale e scattai foto al lieto evento.



Quando ho rivisto quelle immagini, mi ha colpito la costante di espressioni guardinghe e immusonite che a suo tempo non avevo notato.




Aspetto degno di nota è che io, fino all'ultimo momento, ero incerto se andare o meno a quel matrimonio: si trattava di fare un lungo viaggio e in quel periodo non mi andava di muovermi.
Fu Enza Mejias, l'anfitriona del Codazzi, a convincermi ad andare: "...è un tuo amico!", mi disse. Non era vero, era un collega e non un amico. 
A proposito di amici, Enza Mejias era una grande amica di Minerva Valletta.


Minerva Valletta, moglie del signor Bagordo, autista dell'Ambasciata d'Italia a Caracas

Da buona anfitriona, nonché segretaria  per l'associazione di delinquenti patentati "Agustin Codazzi", Enza organizzò lì per lì una colletta per l'ex collega che si sposava, con tanto di teatrino: non c'era dubbio, era un talento nel suo genere. "Portaglieli con i nostri auguri", mi disse più o meno, consegnandomi i soldi alla fine della recita.
Cosicché, con la benedizione di Enza Mejias, la segretaria napoletana della scuola "Agustin Codazzi" di Caracas,  onorata associazione culturale senza scopo di lucro, epperò, con conto cifrato su banca svizzera, Credite Suisse, filiale di Lugano, andai a El Vigia...


Enza Mejias, segretaria anfitriona - Escuela Agustin Codazzi Caracas

Attenzione, le foto che ho scattato ad Enza gliele ho fatte a sorpresa. Notate l'espressione vaga, di chi non sa bene che parte recitare, della prima immagine e confrontatela con la posa che assume nella seconda quando ha ricevuto la telefonata di qualcuno che lì faceva la parte del grande fratello (alla Orwell), ovvero Guido Brigli e company  (installati in un ufficio da cui potevano visionare sia la segreteria che la mia aula senza essere visti, infatti le pareti di quegli ambienti erano vetrate coperte da pesanti tende...).
Dicevo della posa di Enza, l'antropologo affermerebbe che sta marcando il territorio. Di certo si sta prendendo anche una strigliata perché non ha avuto prontezza di spirito per evitare quegli scatti.

Ora osservate le foto in basso, quelle del matrimonio di El Vigia: notate niente?

 





mercoledì 25 giugno 2014

Caracas, dicembre 2004 | La cricca Codazzi e l'avvelenamento | La famiglia di Franco Chirico

Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo messo al corrente la. dott.ssa Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era una lingua facile da imparare... 
Quando ebbi l'avvelenamento, il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente delle mie condizioni di salute, non si preoccupò di informare nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché da laggiù.


Caracas, dicembre 04

Il collega ritornò il 4 gennaio mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della Sanitas.

Quando la dottoressa e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi. 


Prescrizione Sanitas

Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.  
Il tassista non mi portò in una struttura Sanitas, bensì in un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo. Per me andava bene lo stesso, una clinica vale l'altra.
Tornato l'indomani per ritirare' i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta. 
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano. 
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia portato di proposito in un'altra clinica).

Risultati alla mano, telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi aveva visitato, dato che eravamo rimasti così. La dottoressa mi chiese i livelli di alcune voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi, di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi direttamente ad una struttura Sanitas.

Così feci, nonostante il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed io gli evitai la molestia di chiederglielo. Alla clinica "La Floresta" di Plaza Altamira (quartiere Chacao), provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.

Quando ritornò, mi comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da una zanzara e a me le zanzare mi adorano. 
Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega. Inutile dire che quando ho studiato i sintomi del dengue emorragico, ho riscontrato che non avevano alcuna attinenza con i sintomi da me riscontrati in quei giorni.

Mentre allora presi per buona quella interpretazione detta per sviarmi, nonostante nei giorni successivi, alcune colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita. Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non indagare. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.

Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero di telefono della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero... 

venerdì 13 giugno 2014

Piero Armenti l'apprendista e la cricca Codazzi

Una sera del febbraio 2006, ci ritrovammo a casa di M.
Era con noi un altro collega del Codazzi, conosciuto come el hombre negro
Dopo un po' ci raggiunse Piero Armenti con la sua ragazza venezuelana. 

 
Piero Armenti, l'apprendista

Non che fosse stato invitato, ma lui non ne aveva bisogno, abitava casualmente affianco all'appartamento di M  In quel periodo capitava che, quando ci si incontrava tra colleghi, prendevamo a discutere sulle mosse da adottare contro quegli accattoni della Giunta direttiva del Codazzi. Quella gente era un ammasso di pezzenti come non ne ho mai conosciuti, malgrado il loro conto cifrato su banca svizzera (Credit Suisse, filiale di Lugano) i rapporti privilegiati con le istituzioni italiane e tutto ciò che ne conseguiva.

Per chi non abbia idea di cosa sia un conto cifrato, quando arrivava il bonifico dello stipendio, l'unica informazione disponibile era: accredito da conto estero, o qualcosa di simile, per dirla in breve: trasparenza zero...

Quando venni in possesso di questa informazione, nell'ottobre del 2004, non gli diedi il peso che meritava, non essendo uno spione e non avendo motivi per lamentarmi di quelle persone che conoscevo appena, me ne dimenticai presto. In seguito, quando cominciai a capire con che specie di feccia avevo a che fare e grazie ai loro puerili tentativi di sviarmi dalla prima versione, capii che questa notizia era molto interessante.

Quando terminai di lavorare presso quei gentiluomini, gli feci causa e infine tornai in Italia, ricordo che, quasi tutte le volte che gli telefonavo, l'avvocato venezuelano mi chiedeva chi fossero questi signori che portavo in tribunale: “Chi è questa gente?”. 
L'avvocato cominciava a nutrire seri dubbi su quel tipo di gentaglia in completo grigio.

Ma in fin dei conti, chi erano questi personaggi?

Per lo più italiani, immigrati di seconda generazione; in stretti rapporti con le istituzioni italiane; molto devoti (di facciata), al punto da pretendere la preghiera al mattino... 
Qualche insegnante li accontentava, magari per quieto vivere, ma con me, su questo punto, avevano trovato proprio la persona giusta: “Non siamo in chiesa”, fu la mia risposta. Questione conclusa. 
 
Tra tanti modi che ci sono per avvicinarsi alle religioni, questo di sicuro è quello errato. Ridurre la preghiera ad un'imposizione vuol dire semplicemente esercitare un potere col pretesto della religione. Non si tratta di indottrinamento, ma di vera e propria coercizione. Esercizio di potere fine a se stesso, caratteristica che spiega le affinità della Chiesa con la mafia, e viceversa.

Oltre ad essere dei pezzenti arricchiti, quegli infami senzadio erano anche dei maledetti bugiardi. Tanto per citarne una, quando si trovarono dinanzi al giudice per la mia causa, ebbero la faccia da culo di dire che loro a me non mi conoscevano ( vedi ).
Sapevo di essere un signor Nessuno, ma non fino a questo punto: secondo la loro versione, ero addirittura l'uomo invisibile...

Quando pubblicizzai la loro posizione presso alcuni genitori di miei ex-alunni, notai la meraviglia più completa. Non si capacitavano che degli adulti, responsabili, tra l'altro, di un'istituzione educativa (senza scopo di lucro ndr.), potessero mentire con tanta facilità e altrettanta stupida idiozia.
Ora, c'è chi colleziona tappeti e chi colleziona lattine di birra, quei dementi della giunta del collegio “Agustin Codazzi” di Caracas, invece, collezionano figure di merda: il mondo è bello perché è vario... Tutto ciò con la benedizione del MAE, Ministero Affari Esteri.
Ovviamente questo era solo l'antipasto delle performance di quei mentecatti.

Da lì la domanda mi tornava spontanea: quale cultura ?

Che fossero massoni, non ci piove, lo hanno controfirmato in diverse occasioni.   
Ma, la massoneria, come associazione laica, di stampo progressista, gli era totalmente ignota: quell'aggregato di chiaviche, come ho potuto osservare, era decisamente impostata sul bigotto andante: dunque pura conservazione di un potere sclerotico ed ammuffito... erano una massoneria all'italiana, come evoluzione borghese delle associazioni di tipo mafioso.

Per l'appunto: figli di zoccola anziché figli della vedova... 
Bisogna inoltre aggiungere che costoro erano malamente guidati da Anna Grazia Greco, una fuorilegge a Caracas.
 
Tornando alla nostra discussione, avremmo preferito dedicarci ad argomenti più lievi, ma quella gentaglia ce la metteva tutta per complicarci l'esistenza, per questo motivo iniziammo a ragionare, davanti a Piero Armenti e alla sua tipa, che non capiva un'acca d'italiano. Normalmente eravamo molto discreti nel trattare le problematiche relative al lavoro, ma Piero Armenti era considerato una persona di fiducia.

Poco dopo, però, Piero Armenti si eclissò. Si rintanò nel suo appartamento e chiuse la porta a chiave. Quando la sua tipa provò a raggiungerlo, trovò la porta chiusa: Piero non la fece entrare.  
I due appartamenti erano ricavati da un'unica casa cosicché Piero Armenti e M facevano vita in comune, o quasi, ma quel giorno di febbraio, per qualche inspiegabile ragione, l'ideale della comune hippy si era infranto. 


Lo scorpione della frode

In seguito, venni a sapere dalla sua ragazza che in quell'occasione Piero Armenti si era molto arrabbiato a causa della discussione, a casa di M, su quei dementi senzapatria del Codazzi.
Da cosa scaturisse quell'arrabbiatura, non era dato saperlo, intanto, quel puerile pretesto denotava un aspetto che doveva restare occulto, almeno per me, per diverso tempo ancora. Nondimeno trovai quella scusa una patetica balla: se aveva la necessità di rintanarsi, poteva farlo per tanti motivi, non era necessario giustificarsi con simili banalità...

Forse Piero Armenti, giovane apprendista folgorato sulla via dell'ispirazione, aveva deciso di mettersi all'opera senza distrazioni, a parte la nostra animata discussione che, volendo, poteva comodamente seguire dal suo appartamento...

Già, l'appartamento... a risentire la storia di come M l'aveva trovato, ci sarebbe da ridere...

Quando M venne in Venezuela, un anno prima, sapeva di doverlo ad una sua amica che chiamerò C.
C. era stata a Caracas nel 2004 ed aveva lavorato, tramite stage, al Consolato Generale italiano di Caracas. Aveva conosciuto Piero Armenti, che lavorava al giornale, La Voce d'Italia, ma era di casa al consolato.
M aveva fatto domanda al consolato italiano su indicazione di C. ed era stata chiamata a lavorare alla scuola Codazzi poco tempo dopo. Detto ciò, M non poteva prevedere che in una capitale come Caracas, andasse ad abitare proprio a lato dell'unico contatto italiano che aveva.
In effetti aveva le stesse probabilità di chi, acquistando un biglietto del super-enalotto, vinca al primo tentativo: una possibilità su 3 milioni, o giù di lì.  Con la differenza che M non aveva vinto niente, ma si trovò ad abitare vicino a Piero Armenti, e non è certo che questo le abbia portato fortuna.

Di fatto, in quei giorni, (marzo 2005), la meraviglia di M durò a lungo: non se ne capacitava in nessun modo. A scuola ripeteva: "com'è piccolo il mondo...", e cose simili, ma stentava a crederci lei stessa. 
 Appena pochi giorni prima, invece, quando ancora cercava un'abitazione, ricordo che si lamentava della poca serietà dei proprietari di casa: quando trovava un appartamento, prima le dicevano che lei andava bene come inquilina, poi, alla volta successiva, cambiavano idea senza un motivo. 

In tal modo, le probabilità di abitare vicino a Piero Armenti, l'apprendista, aumentavano in maniera esponenziale...

mercoledì 22 gennaio 2014

Il primo anno scolastico | Lucia Veronesi e la camarilla del Codazzi, quei porci fascisti | Escuela Agustin Codazzi, Caracas

Nel maggio del 2005, non pensavo che sarei più tornato a lavorare a Caracas, principalmente per la concezione "arcaica" del lavoro espressa dai superiori, dalla dirigente Anna Grazia Greco ai gregari della Giunta direttiva del Codazzi
Nei loro modi di fare era implicita una completa mancanza di fiducia, per quanto non fosse facile comprenderne i motivi. Ovviamente la disistima era reciproca, quegli inetti erano capaci solo di creare dissidi e caos. Inoltre, la mancanza di chiarezza da parte di quella gente era diventato un cliché, altro che trasparenza nella Pubblica Amministrazione, sembravano la congrega dei frati neri e, a dirla tutta, ne sono successe di cose strane in quella scuola e non soltanto a me.
Premesso ciò, fu una vera sorpresa sentirsi dire dalla preside Lucia Veronesi, di presentare domanda per insegnare l'anno successivo, perché "i genitori sono contenti del lavoro che ha fatto"
Anche in quella istituzione educativa, c'era tanta gente a posto. Era il 16 maggio del 2005.


Consorterie | Lucia Veronesi e la camarilla del Codazzi
Consorterie | Lucia Veronesi e la cricca del Codazzi

sabato 18 gennaio 2014

Los escualidos della scuola Agustin Codazzi | Lucia Veronesi al Codazzi

Los escualidos, opposizione imperialista al governo Chavéz, dispongono di grandi risorse economiche e sono presenti su diversi media del Paese, dalla Tv alla radio, da internet ai quotidiani. Il colonialismo culturale, infatti, rappresenta una fetta importante della politica estera americana. I format televisivi e gli articoli sono ovunque gli stessi. 
Va da sé che quest'operazione non ha niente di culturale, ma rappresenta in sommo grado il suo opposto, ovvero la pianificazione dell'istupidimento generalizzato che si può semplificare in due punti. 
  • Distogliere le persone dalle cose essenziali per renderle manipolabili. 
  • Gettare discredito e diffidenza verso la cultura intesa come studio e conoscenza. 

El caballero escualido - Marino Marini
Il meccanismo in sé è antico e già sperimentato in passato da altri poteri, si pensi alla Chiesa. 
Los escualidos infatti hanno tante disponibilità ma poca fantasia: sono ripetitivi fino alla noia. Ora, tra quella gentaglia per cui ho lavorato a Caracas, i rappresentanti della Giunta Direttiva del Codazzi, c'era un'alta concentrazione di escualidos. Squallidi e mariuoli. 
Per quanto molti di essi ostentassero ammirazione per Hugo Chavéz, erano di fatto legati mani e piedi all'opposizione imperialista. Qualcuno vantava anche una rete televisiva facente capo al network de los escualidos
Un vero e proprio branco di chiaviche!
Questo spiega come mai, nonostante la continua ostentazione di beni materiali: auto, abiti, e l'apparente internazionalismo, quella gentaglia vivesse praticamente reclusa dentro ville-bunker, inaccessibili luoghi di lavoro ed esclusivi club tematici... In sostanza, le loro infami vite all'apparenza così brillanti, si svolgevano tra una cerchia molto striminzita di persone a loro simili: la minoranza infame.
In realtà, queste osservazioni sugli affiliati dell'ACE "Agustin Codazzi" di Caracas sono la calzante metafora di tutti los escualidos del mondo: polli di batteria che si credono albatros.

Lucia Veronesi e los escualidos del colegio Agustin Codazzi - Caracas

sabato 11 gennaio 2014

Lucia Veronesi e quei porci fascisti del Codazzi | Minerva Valletta e la señora Baffone: Il problema Agustin Codazzi

Quando Lucia Veronesi ci fece ritirare i volantini in cui, almeno, si spiegavano le ragioni di  proteste e probabili scioperi da parte di noi insegnanti, mi salì un'incazzatura unica. Non mi andava di fargliela passare liscia a quei figli di una jettata della cricca Codazzi. Cosicché, su due piedi, inventai una contromossa. Feci scrivere un problema per casa in cui si descrivevano, per sommi capi, i motivi di conflitto con quei delinquenti in doppiopetto. In sintesi, dei professori erano stati chiamati da alcuni imbroglioni in Venezuela. E dopo, gli imbroglioni, per non smentirsi, non volevano pagare i professori.
Era appena una piccola parte della verità, neanche la cima dell'iceberg, ma era l'inizio di qualcosa.
Da quel momento in poi, tra me e loro ci sarebbe stata la guerra: da allora, quegli infami un problema ce l'avrebbero avuto per davvero... 
Il problema ero io.

Quella sera ci fu l'ennesima riunione perditempo con quei mangia pane a tradimento, quegli escualidos tout court dell'associazione delinquenziale senza scopo di lucro “Agustin Codazzi” (con conto cifrato su banca svizzera, la Credìt Suisse – filiale di Lugano). 


ACE "Escuela Agustin Codazzi", Caracas

Prima che entrassimo, alcuni elementi della Giunta erano chiusi in una sala a discutere. Dire che discutevano è un eufemismo: in realtà, a giudicare dal trambusto di voci, pareva che si stessero scannando. Non li avevo mai sentiti gridare, avevano dei modi molto cardinalizi: sempre abbottonati e felpati, difficilmente gli sfuggiva una parolina in più; quella sera, invece, erano molto alterati e stavano gridando. Quando ne uscì Guido Brigli mi fece addirittura pena tanto era conciato: sembrava che l'avessero appena picchiato. 
Colpiti e affondati, dunque: il problema era andato a segno...  Ed era appena l'antipasto.
Il “problema” ebbe il merito di far venire fuori i diversi attori di quella patetica farsa. Le gemelline dell'intrigo, Minerva Valletta e la señora Baffone, il giorno successivo provarono inutilmente ad attaccarmi, dimostrando come fossero legate mani e piedi a quei filibustieri cerebrolesi della Giunta Direttiva del Codazzi.

Fu una vera sorpresa riscontrare quanto le due cognatine, la signora Baffone e Minerva Valletta, si identificassero con la Giunta Direttiva del Codazzi. Altrettanto curiosa è la posizione assunta da Minerva Valletta appena 2 anni dopo, a 4 giorni dal mio rientro in Italia dal Venezuela...


Minerva Valletta, moglie dell'autista dell'Ambasciata italiana signor Bagordo

Il giorno seguente, la preside, Lucia Veronesi, mi convocò per chiedermi spiegazioni in merito a quel "problema" assegnato in classe: “Cosa c'è che non va? - le dissi – Non ho fatto il nome di nessuno (di quei cornuti figli di puttana), ma se non fosse completamente persuasa, farò aggiungere la formuletta: ogni riferimento a fatti reali e a persone esistenti è puramente casuale”. Caso chiuso.