Camminava
imprecando ad alta voce, dimentico degli uomini e dei cani che erano a
meno di cento passi di distanza. Si sentiva libero e sollevato perché
soltanto la paura impedisce di sentirsi liberi.
Lucia Veronesi e la cricca Codazzi: associazione culturale senza scopo di lucro (durante la dirigenza di Anna Grazia Greco). Gli affiliati alla cricca Codazzi di Caracas, sono i degni appartenenti della famiglia de "los escualidos".
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sabato 30 gennaio 2016
Lucia Veronesi | Sorgo Rosso - Mo Yan
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sabato 10 ottobre 2015
Nascita di un'onorata associazione a delinquere | La scuola Agustin Codazzi e i rappresentanti del CGIE
CARACAS.- Nella scuola Agustín Codazzi 66 membri
dei 70 convocati hanno votato per eleggere i rappresentanti del futuro
CGIE. Le associazioni, scelte dall’Ambasciata su segnalazione dei
Comites e in particolare dei loro Presidenti, seguendo un criterio di
discrezionalitá territoriale e di rappresentativitá, erano: per la
circoscrizione di Caracas: Centro Italiano Venezolano di Caracas, Casa
d’Italia di Maracay, Centro Italo di Valencia, Casa d’Italia di
Barquisimeto, Casa di Riposo Cristoforo Colombo, Missione Cattolica
italiana, Scuola Codazzi, Camera di Commercio, FAIV, Comitas,
Associazione Piemontese, Fogolar Furlan, FIEGIV, Centro Italo Venezolano
di Porlamar.
Per la zona occidentale Casa d’Italia di Maracaibo,
Coasit, Villa Serena, Missione Cattolica e scuola Rosmini, CIV di San
Cristobal. Per la zona orientale: Centro Italo Venezolano di Puerto
Ordaz, scuola Angelo De Marta, Associazione Siciliani di Maturín.
I tre membri scelti per rappresentarci nel CGIE sono
Nello Collevecchio che ha ottenuto 29 voti, Ugo Di Martino con 28 voti e
Michele Coletta con 25 voti.
Ci rallegra profondamente notare che anche nella
nostra collettivitá qualcosa incomincia a cambiare, che, nonostante i
brogli palesi e non, le false promesse e le velate minacce, hanno avuto
la meglio persone che, almeno fino ad oggi, hanno dimostrato onestá di
lavoro e vero interesse verso la collettivitá.
Ci duole, purtroppo, che il pessimo lavoro svolto in passato dai
“professionisti” dell’emigrazione abbia penalizzato anche chi, come
Fedora Di Marco, ha lavorato bene e con onestá. Il tempo, comunque,
aiuterá a scindere il grano dall’oglio e a dare, per un verso, il giusto
merito a chi ne ha diritto e per l’altro ad allontanare sempre piú
dalle nostre istituzioni rappresentative persone che non meritano di
rappresentare una collettivitá come la nostra. La svolta avvenuta nel
CGIE ci fa ben sperare in un futuro diverso. É importante peró ricordare
che il lavoro é un lavoro collettivo, che é importante la
partecipazione, la critica, l’apporto di tutti noi, perché “ogni popolo
ha il governo che si merita” e questo vale anche per noi.
29/06/2004 Marisa Bafile - La Voce d'Italia
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mercoledì 25 giugno 2014
Caracas, dicembre 2004 | La cricca Codazzi e l'avvelenamento | La famiglia di Franco Chirico
Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non
avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una
lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda
sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in
lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che
era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in
quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo
messo al corrente la. dott.ssa
Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era
una lingua facile da imparare...
Quando ebbi l'avvelenamento, il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente
delle mie condizioni di salute, non si preoccupò
di informare
nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché
da laggiù.
Caracas, dicembre 04 |
Il collega ritornò il 4 gennaio
mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla
fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della
Sanitas.
Quando la dottoressa
e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi
vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi
prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi.
Prescrizione Sanitas |
Il giorno seguente mi alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.
Il tassista non mi portò in una struttura Sanitas, bensì in
un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo. Per me andava bene lo stesso, una clinica vale l'altra.
Tornato l'indomani per ritirare' i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia portato di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare' i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia portato di proposito in un'altra clinica).
Risultati alla mano,
telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi
aveva visitato, dato che eravamo rimasti così.
La dottoressa mi chiese i livelli di alcune
voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi
chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che
stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi,
di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale
mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi
direttamente ad una struttura Sanitas.
Così feci, nonostante
il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed
io gli evitai la molestia di chiederglielo. Alla clinica "La Floresta" di Plaza Altamira
(quartiere Chacao), provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto
bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della
struttura, dove
si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le
mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi
comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a
quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o
perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da
una zanzara e a me le zanzare mi adorano.
Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega. Inutile dire che quando ho studiato i sintomi del dengue emorragico, ho riscontrato che non avevano alcuna attinenza con i sintomi da me riscontrati in quei giorni.
Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega. Inutile dire che quando ho studiato i sintomi del dengue emorragico, ho riscontrato che non avevano alcuna attinenza con i sintomi da me riscontrati in quei giorni.
Mentre allora presi
per buona quella interpretazione detta per sviarmi, nonostante nei giorni successivi, alcune
colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita.
Io ero dell'avviso di dimenticare quella vicenda quanto prima e
preferii non indagare. Né lo comunicai ai miei familiari per non farli
stare in pena.
Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero di telefono della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...
Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero di telefono della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...
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mercoledì 11 giugno 2014
Quel paio di cose che so sul caso Sindoni
Dopo
un'attenta disamina degli articoli di Enrico De Simone inerenti l'assassinio di
Filippo Sindoni e il truculento articolo del Giornale, organo ufficiale del
fascismo berlusconiano, vorrei agiungere un paio di cose che so sul caso
Sindoni.
La prima
volta che ho sentito parlare di Filippo Sindoni è stato a Caracas, alla scuola
A. Codazzi, quasi un anno prima della sua morte. L'occasione era dovuta ad un
fatto concreto che riguardava quella scuola italiana di Caracas. Era stato
appena iscritto il nipote di Filippo Sindoni, dato che suo padre si era
trasferito a Caracas.
Il primo
aspetto degno di nota era che il suo arrivo era salutato da un'evidente stato
di fibrillazione da parte delle colleghe. In particolare da colei che sarebbe
stata la sua insegnante privata per i primi tempi. Quella stessa collega con
cui avevo appuntamento per un caffè ad un bar di Chacao il 27 agosto 2008,
caffè che non prometteva nulla di buono (post: Consolato Generale di Caracas).
La collega di cui parlo era la "protetta" di alcune mogli della Giunta Codazzi, ma forse è più corretto dire "la cavia", dato che la manipolavano alla grande. Non che lei fosse malvagia, solo si trovava in un contesto, a dir poco, malsano...
La collega di cui parlo era la "protetta" di alcune mogli della Giunta Codazzi, ma forse è più corretto dire "la cavia", dato che la manipolavano alla grande. Non che lei fosse malvagia, solo si trovava in un contesto, a dir poco, malsano...
Tornando
al caso Sindoni, le parole ricorrenti che giungevano quando si parlava di lui,
erano "quello della pasta" e "mafioso".
Io non sapevo niente e ben poco avevo capito di quell'ambientino, ma ricordo bene l'eccitazione di quei giorni che andavano verso l'estate.
Io non sapevo niente e ben poco avevo capito di quell'ambientino, ma ricordo bene l'eccitazione di quei giorni che andavano verso l'estate.
Tre anni
dopo, nell'agosto 2008, lo stesso Antonio Nazzaro mi ribadì che Sindoni era un
mafioso, e per questo motivo lui, persona integerrima e con un progetto di
vita, non era andato al suo funerale. Se però si parlava di quelle merde del
Codazzi, e guarda caso uno dei suoi ultimi pseudo-spettacoli vedeva la
partecipazione anche della figlia di Guido Brigli, quella parodia di
essere umano, Antonio Nazzaro alzava le mani dicendo che la mafia "c'è
dappertutto...".
Insomma ne veniva fuori un nuovo apprendimento o una nuova verità. Il verbo.
Insomma ne veniva fuori un nuovo apprendimento o una nuova verità. Il verbo.
El chaman, disegno su carta - Gianluca Salvati 2005 Caracas |
Così,
anche lo scrittore fallito, Antonio Nazzaro, avallava l'ipotesi del mafioso (ma
avrei dovuto meravigliarmi del contrario).
Quando,
tempo dopo ho confrontato le divergenti opinioni raccolte a Caracas, mi sono
reso conto che ne veniva fuori una
verità ben diversa da quella sorta di spot diffamatori divulgati al Codazzi. Il
vero problema di Filippo Sindoni era essere stimato dal presidente del
Venezuela, Hugo Chavez.
Al
Codazzi, manipolo di escualidos fascisti questa cosa non poteva passare. E il
primo modo che certa gente ha di contrastare qualcuno è denigrarlo.
Quello
che non mi è mai stato chiaro è perché suo nipote fosse approdato proprio nella
tana di quei porci fascisti del Codazzi, quando c'era la scuola Bolivar y
Garibaldi che in quel periodo funzionava piuttosto bene. Tanto bene che Anna
Grazia Greco ci aveva installato la sua piccola corte dei miracoli: Enrico De
Simone, giornalista di destra alla Voce d'Italia (giornale fascista con
velleità sinistroidi), Daniela Correri, ex compagna di un agente della scorta
personale del noto piduista al governo già primatista mondiale di figure di
merda, Silvio Berlusconi, l'amerikano. Infine c'era il buon Antonio Nazzaro,
buono per tutte le stagioni. Buono a nulla. Fu proprio grazie all'autodenuncia
di quest'ultimo che la Greco (Anna Grazia, una fuorilegge in missione),
trovò il pretesto per interrompere il finanziamento ministeriale alla scuola
Bolivar y Garibaldi.
Antonio
Nazzaro, è risaputo, oltre ad essere uno scrittore precario e fallito, è anche
uno che ha un progetto nella vita. Il suo principale problema, povero diavolo,
è di essere ostaggio, poco più di una pedina, di quella gentaglia della cricca Codazzi, che non ho ancora capito se legati alla 'ndrangheta o a quant'altro, o più semplicemente, quattro massoni di merda...
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venerdì 17 gennaio 2014
Guido Brigli e Rai international | Lucia Veronesi e la cricca del Codazzi - rete Globovision
Caracas, ottobre 2004 - Durante il primo
mese di lavoro al Codazzi, si presentò in classe un tipo con la
telecamera professionale nel bel mezzo di una lezione. Costui era un
cameramen della televisione italiana, la vecchia e mai troppo rimpianta Radio Televisione Italiana,
Rai. Mi chiese se poteva fare riprese ed io non gli risposi
favorevolmente... oddio, proprio non ricordo cosa gli avessi risposto,
ma il cameramen non si sentì il benvenuto nella mia classe, infatti non
lo era. Allora si affacciò dall'uscio della classe un tipo dal volto
oblungo, ben vestito e pettinato, che si presentò come il capo della Giunta Direttiva del Codazzi, Guido Brigli.
Rai international Colegio "Agustin Codazzi" - Caracas |
A ripensarci, avrei potuto obiettare che non potevano presentarsi di punto in bianco e che avrebbero dovuto almeno avvisarmi prima. Giusto per stopparli, perché come avrei imparato in seguito, quella gente proprio non aveva idea di cosa fosse il rispetto altrui...
Ad ogni modo, cosa cercava di dimostrare quell'emerita testa di cazzo di Guido Brigli?
Che loro, quelli della cricca Codazzi, oltre ad essere ben vestiti e pettinati, disponevano anche di un certo potere? Stava forse cercando d'impressionarmi, quel burattino incravattato?
Tempo dopo ho scoperto che alcuni elementi della Giunta del Codazzi, meglio conosciuti come escualidos, erano i proprietari della rete televisiva Globovision, tristemente rinomata per aver istigato, nel 2002, i cittadini venezuelani alla sovversione. Da ricerche fatte per risalire al nome del capo di quella televisione, non risulta il nome italiano che conoscevo, per cui credo che il padrone ufficiale sia un volgarissimo prestanome. Il vero proprietario, un'altra faccia di cazzo della cricca Codazzi abita proprio a due passi da Globovision, due centinaia di metri più su della scuola "Agustin Codazzi".
Tempo dopo ho scoperto che alcuni elementi della Giunta del Codazzi, meglio conosciuti come escualidos, erano i proprietari della rete televisiva Globovision, tristemente rinomata per aver istigato, nel 2002, i cittadini venezuelani alla sovversione. Da ricerche fatte per risalire al nome del capo di quella televisione, non risulta il nome italiano che conoscevo, per cui credo che il padrone ufficiale sia un volgarissimo prestanome. Il vero proprietario, un'altra faccia di cazzo della cricca Codazzi abita proprio a due passi da Globovision, due centinaia di metri più su della scuola "Agustin Codazzi".
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sabato 11 gennaio 2014
Lucia Veronesi e quei porci fascisti del Codazzi | Minerva Valletta e la señora Baffone: Il problema Agustin Codazzi
Quando Lucia Veronesi
ci fece ritirare i volantini in cui, almeno, si spiegavano le ragioni
di proteste e probabili scioperi da parte di noi insegnanti, mi salì
un'incazzatura unica. Non mi andava di fargliela passare liscia a quei figli di una jettata
della cricca Codazzi. Cosicché, su due piedi, inventai una
contromossa. Feci scrivere un problema per casa in cui si descrivevano,
per sommi capi, i motivi di conflitto con quei delinquenti in
doppiopetto. In sintesi, dei professori erano stati chiamati da alcuni
imbroglioni in Venezuela. E dopo, gli imbroglioni, per non smentirsi,
non volevano pagare i professori.
Era appena una piccola parte della verità, neanche la cima dell'iceberg, ma era l'inizio di qualcosa.
Il problema ero io.
Quella sera ci fu l'ennesima riunione perditempo con quei mangia pane a tradimento, quegli escualidos tout court dell'associazione delinquenziale senza scopo di lucro “Agustin Codazzi” (con conto cifrato su banca svizzera, la Credìt Suisse – filiale di Lugano).
ACE "Escuela Agustin Codazzi", Caracas |
Prima che
entrassimo, alcuni elementi della Giunta erano chiusi in una sala a
discutere. Dire che discutevano è un eufemismo: in realtà, a giudicare
dal trambusto di voci, pareva che si stessero scannando. Non li avevo
mai sentiti gridare, avevano dei modi molto cardinalizi: sempre
abbottonati e felpati, difficilmente gli sfuggiva una parolina in più;
quella sera, invece, erano molto alterati e stavano gridando. Quando ne
uscì Guido Brigli mi fece addirittura pena tanto era conciato: sembrava che l'avessero appena picchiato.
Colpiti e affondati, dunque: il problema era andato a segno... Ed era appena l'antipasto.
Il “problema” ebbe il merito di far venire fuori i diversi attori di quella patetica farsa. Le gemelline dell'intrigo, Minerva Valletta e la señora Baffone, il giorno successivo provarono inutilmente ad attaccarmi, dimostrando come fossero legate mani e piedi a quei filibustieri cerebrolesi della Giunta Direttiva del Codazzi.
Fu una vera sorpresa riscontrare quanto le due cognatine, la signora Baffone e Minerva Valletta, si identificassero
con la Giunta Direttiva del Codazzi. Altrettanto curiosa è la posizione
assunta da Minerva Valletta appena 2 anni dopo, a 4 giorni dal mio rientro in Italia dal Venezuela...
Minerva Valletta, moglie dell'autista dell'Ambasciata italiana signor Bagordo |
Il giorno seguente, la preside, Lucia Veronesi, mi convocò per chiedermi spiegazioni in merito a quel "problema" assegnato in classe: “Cosa c'è che non va? - le dissi – Non ho fatto il nome di nessuno (di quei cornuti figli di puttana), ma
se non fosse completamente persuasa, farò aggiungere la formuletta:
ogni riferimento a fatti reali e a persone esistenti è puramente
casuale”. Caso chiuso.
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